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Allenare i bambini: strategie attentive
Per qualcuno allenare è una missione che, silentemente, chiama senza dare e senza richiedere spiegazione alcuna, una sorta di scia luminosa che si dispiega dentro e che richiede di essere seguita senza farsi domande, una vera e propria vocazione, dunque, che dona senso e significato alla propria esistenza.
Per qualcuno, o per la quasi totalità di chi sceglie di farlo, allenare in ambito sportivo vuol dire completare se stessi e seguire i desideri propri più profondi, nella piena e concreta realizzazione di un sogno, rendendo possibile il compimento di una vita degna di essere vissuta nella sua interezza.
Tra gli istruttori in ambito sportivo, ricoprono, a mio avviso, un ruolo ancor più prezioso, e al contempo delicato, gli allenatori dei settori giovanili, a prescindere dallo sport di cui si occupano.
In questa breve trattazione, mi piacerebbe volgere lo sguardo, specificatamente, sugli istruttori dei bambini più piccoli, accendendo i riflettori su uno spaccato relativo alla possibilità di rendere meno districante, e maggiormente proficuo, l’allenamento mediante la gestione e il potenziamento dei fattori attentivi.
Allenare i bambini è un privilegio, un’autentica risorsa preziosa che arricchisce sia umanamente che professionalmente, permettendo di instaurare rapporti significativi in un contesto di formazione motoria, affettiva, emozionale e relazionale. Ma è, a parer mio, altresì grande fatica e immane prostrazione perché i piccoli, anche se particolarmente entusiasti di essere in un contesto di gioco, fanno spesso fatica a direzionare l’attenzione su stimoli rilevanti e, quando ci riescono, fanno poi uno sforzo immane nel mantenerla per periodi prolungati. Ed è, questo, uno dei motivi per cui allenare, talune volte, può diventare croce e delizia, trasformandosi in una vera sfida, arricchente ma anche spossante.
Gli allenatori fanno costantemente i conti con più variabili in gioco, i più coscienziosi e attenti conoscono appieno l’importanza del proprio ruolo, sapendo che non si riduce ad una trasmissione asettica di nozioni, teorie e concetti da utilizzare per la tecnica e la tattica, sanno, di fatto, che ci sono altri tasselli, ancor più necessari e imprescindibili proprio perché sono ciò che racchiude tutto il resto, sanno che, oltre a ciò che è puramente didattico e contenutistico, c’è la trasmissione di modelli e valori educativi poiché, tra regole ed esercizi, c’è l’unicità e l’irripetibilità di ciascuno.
Per svolgere il proprio compito appieno, con un livello di frustrazione soltanto fisiologico, e non patologico, per godersi, dunque, le delizie, riducendo al minimo le croci, ma, soprattutto, per portare a compimento la propria missione educativa, è necessario imparare qualche accorgimento per allenare, primariamente, le capacità attentive dei nostri piccoli.
Chi allena i piccoli sa quanto possa essere difficoltoso ottenere un’attenzione funzionale all’apprendimento perché sa quanto, con la propria energia frizzante e il fervore che li contraddistingue, riescano a perdere facilmente di vista l’obiettivo degli incontri di allenamento, coinvolgendo il gruppo dei compagni.
Una semplice ma efficace strategia basilare è di iniziare la seduta di allenamento con delle attività basate sul movimento, tenendo conto, fin da subito, del bisogno dei piccoli di liberare la propria energia dopo una serie di mansioni tipicamente sedentarie svolte in giornata, a scuola come a casa.
Durante le spiegazioni, inoltre, la mente dei bambini divaga con facilità e per aiutarli a rimanere sul pezzo si avvisano che saranno loro, in un secondo momento, a turno, a spiegare al gruppo quanto detto, permettendo di migliorare la presenza mentale ma anche responsabilizzandoli.
È possibile che, nonostante l’accortezza e la competenza dell’allenatore, durante la seduta, si vivano momenti di vera e propria perdizione e, anche se sono tendenzialmente rari, è di primaria importanza saper gestire il caos che ne consegue.
È utile, in simili casi, non intraprendere azioni che porterebbero ad uno scompenso ulteriore e deleterio, pertanto non è utile ricorrere a maniere forti, come rimproveri con toni accesi che porterebbero soltanto ad uno scontro conflittuale senza essere efficaci nel raggiungimento dell’obiettivo. È piuttosto il silenzio a riportare la calma per poter continuare il lavoro, un silenzio accompagnato da uno sguardo attento, determinato e penetrante che, dopo pochissimo tempo eteroregola i piccoli, ridonando loro la capacità di tornare ad essere partecipativi e collaborativi.
Questo è solo il primo passo per iniziare a richiamare l’attenzione dei bambini in seduta di allenamento, traducendosi in stratagemmi facilitanti la comunicazione, l’apprendimento e lo spirito di gruppo che, se sapientemente utilizzati, possono diventare una base ottimale per un approfondito lavoro di allenamento e di potenziamento delle capacità attentive in una fase secondaria di training. Ma di questo ne parleremo al prossimo appuntamento.