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Un anno senza sport: il settore giovanile e le ripresa
Il periodo della pandemia da coronavirus è stato un tempo lungo e travagliato, un anno di deprivazioni e di ritiro sociale forzato, un anno, o poco più, di emozioni disregolate e di incertezza sul presente e sul futuro.
I bambini e gli adolescenti, in particolar maniera, hanno vissuto, sulla propria pelle, privazioni importanti tali da rappresentare una gravosa perdita di libertà vitale.
La scuola, gli amici, la spensieratezza delle esperienze in gruppo, lo sport e tanto altro sono diventati, tutto d’un tratto, sacrificabili.
Lo sport, molto probabilmente, più di tutto.
Cos’è rimasto a disposizione e a portata di mano dei nostri ragazzi?
È sicuramente rimasta la tecnologia, nelle vesti di fattore protettivo e di aiuto sostanziale in un vuoto improvviso e incommensurabile di una situazione di duratura emergenza. Sono rimaste però anche la solitudine, la frustrazione, la paura, la noia e le notizie di una morte costantemente presente come compagna e ombra imperante in un contesto di imponente sofferenza.
I più piccoli, pertanto, in un delicato momento evolutivo, sono stati sottoposti a debilitanti fattori di stress con il conseguente stravolgimento delle proprie routine. La chiusura prolungata delle scuole, prima di ogni altra condizione, ha determinato, tristemente, la dissoluzione del gruppo di appartenenza dei pari ed ogni occasione reale, e non virtuale, sia dell’esperienza educativa che di ogni tipo di socializzazione. Si è registrata, dunque, una mortificante perdita del confronto interpersonale, una perdita rinforzata, oltretutto, in altri contesti di crescita, come i luoghi dedicati allo sport, al divertimento e all’aggregazione. Questa raggelante contingenza ha comportato una povertà di senso e di significato esistenziali, nonché una significativa disregolazione emotiva. Si sono modificati, inoltre, anche i bioritmi di sonno-veglia e di alimentazione.
In questa situazione prolungata di stress emozionale, psichico e fisico trova un posto rilevante la figura dello psicologo dello sport, soprattutto ora che il settore giovanile è chiamato ad una nuova ripresa delle attività sportive.
È questo un momento decisivo per rendersi prontamente disponibili a sostenere il ritorno nell’ambiente sportivo sia degli atleti che di tutte le loro figure adulte di riferimento, in modo da affrontare, con efficacia, le conseguenze negative derivanti da stop lunghi e forzati, ripetuti nel tempo.
Il rientro va strutturato con attenzione e con competenza, senza lasciare al caso eventuali ripercussioni.
È molto importante prepararsi a saper riconoscere e gestire le sfumature degli stati emotivi che possono presentarsi al nuovo inizio sportivo, dando ampio spazio all’ascolto attento e autentico dei più giovani, ma anche degli adulti presenti, che potrebbero richiedere un supporto mediante genuini silenzi, o attraverso la messa in atto di comportamenti disfunzionali.
Contestualmente, si aiuteranno i ragazzi a fare un’analisi dei punti di forza e delle risorse emerse durante la pandemia, così da valorizzarle e utilizzarle in fase di ripartenza.
Seguirà un lavoro certosino nella delineazione di aspettative concrete, chiare e raggiungibili per non essere inglobati, di nuovo, da un clima di frustrante incertezza. Si insegnerà a fare, inoltre, un focus funzionale sui propri stati interni e sui propri vissuti, sottolineando che potrebbero ripresentarsi fattori esterni non facilmente controllabili.
Sarà opportuno, altresì, riprendere ad allenare la capacità di una mente concentrata in modo da ricominciare, gradualmente, ad approcciarsi al miglioramento della performance sportiva, nell’ottica di competizioni e gare.
Abbiamo aspettato a lungo il tempo della rinascita e della ricostruzione, molte società giovanili hanno duramente lavorato, in tempo di emergenze e preoccupazioni, nella progettazione della ripresa. Finalmente ci siamo.
Non ci resta che ridonare il sorriso e la spensieratezza ai nostri ragazzi, senza dimenticare gli avvenimenti appena trascorsi, e per certi versi ancora presenti, perché le esperienze, pure quelle difficili, sono fortificanti lezioni di vita.