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Il "linguaggio giraffa" applicato al mondo dello sport

“Il seme della violenza nel mondo inizia nel modo in cui mi ascolto e ti ascolto, nel modo in cui mi penso e ti penso, nel modo in cui mi parlo e ti parlo.”

Marshall Rosenberg.

 

 

La comunicazione è parte fondante ed integrante dell’esistenza umana nella sua interezza, ed è per tal motivo che, dal momento della nascita in poi e in ogni ambito di vita, non si può prescindere da essa.

Nel mondo dello sport è di primaria e fondamentale importanza trasmettere ciò che si intende insegnare mediante efficaci abilità comunicative, favorendo i processi dell’apprendimento di tecniche, competenze, tattiche di gioco, atteggiamenti, conoscenze ed esperienze.

La cura della comunicazione è, a maggior ragione, non trascurabile se i nostri interlocutori sono bambini e adolescenti in fase di crescita e maturazione.

La letteratura scientifica mostra, con chiarezza, quanto sia necessario che gli adulti, nelle vesti di allenatori, istruttori, dirigenti e genitori, conoscano e approfondiscano le leggi fondamentali della comunicazione umana per interagire con consapevolezza nei confronti dei piccoli atleti.

Mi preme accendere i riflettori su un dato che mi sta, particolarmente, a cuore in fatto di comunicazione; in quanto professionista a stretto contatto con bambini e adolescenti, mi interessa focalizzare, di fatto, sulla delicata importanza del livello di relazione all’interno di una comunicazione, oltre a quella del livello di contenuto.

Mi spiego meglio: in una comunicazione, facendo riferimento al secondo dei cinque assiomi della comunicazione umana di Paul Watzlawick, psicologo austriaco, coesistono un livello di contenuto ed uno di relazione, il contenuto è ciò di cui si sta parlando mentre la relazione riguarda il come lo si sta comunicando, è, pertanto, il tono emotivo che si decide di dare alle informazioni che si vogliono mettere in comune con l’altro.

Il mondo dello sport giovanile è intriso di scambi emotivi, e, più che in altri ambienti e settori di vita, necessita di attenzione e dedizione per evitare che i contenuti e gli insegnamenti diventino dati passivi accolti, sic et simpliciter, da un contenitore vuoto e sterile.

L’accuratezza del modo di parlare e di parlarsi potrebbe migliorare il mondo dello sport, a partire da quello dedicato ai bambini e agli adolescenti fino, poi, a diramarsi in quello prettamente adulto.

Si potrebbe, in tal senso, prendere in prestito il cosiddetto “linguaggio giraffa”, un modello comunicativo messo a punto e strutturato da uno psicologo americano, Marshall Rosenberg, per comunicare in maniera non violenta, empatica e rispettosa dei bisogni emotivi delle parti che entrano comunicazione.

La giraffa è un animale dal cuore grande, non è un predatore e non è neppure semplicemente preda, sa, infatti, ben difendersi e può, metaforicamente, rappresentare il nostro linguaggio naturale, ossia un linguaggio non giudicante, rispettoso e non prevaricante. Il linguaggio naturale è in contrapposizione con il “linguaggio sciacallo”, un linguaggio esigente ed aggressivo che non tiene conto della persona nella sua globalità e che, per tal motivo, sopprime la creatività e le potenzialità dell’altro.

 Il “linguaggio giraffa” pur essendo per noi naturale, nel tempo, ha perso forza e vigore perché lasciato sullo sfondo di uno scenario in cui si fa un largo uso del “linguaggio sciacallo”, modalità che conduce a facili conquiste nel breve ed immediato periodo e che, tristemente, danneggia nel lungo periodo.

Lo sport è alla base della crescita e della condivisione umana, potrebbe diventare “luogo” privilegiato ove iniziare rivoluzioni culturali, capaci poi di diffondersi in tutte le situazioni esistenziali. Sarebbe un modo pratico e sicuro per rimanere esseri in comunicazione con finalità costruttive e cooperative piuttosto che vittime passive o carnefici aggressivi.

All’uopo, possiamo imparare e formarci per poi imparare e formare.

 

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